“Lasciala perdere, non fa per te!”
“Troppi problemi, non ne vale la pena!”
“Puoi trovare di meglio!”
Questi sono i consigli che di solito danno gli amici e, perfino, i terapeuti.
Ma questo mindset del “Next, please!” ha davvero senso? E’ davvero utile e sano per noi e per la nostra evoluzione? Vediamolo insieme.
Indice
- 1 ALLA BASE C’E’ UN SENTIMENTO D’AMORE RECIPROCO?
- 2 C’E CHI SVANISCE E CHI RESTA PER SEMPRE
- 3 PERCHE’ DUE CHE SI AMANO, SI LASCIANO?
- 4 QUANDO E PERCHE’ NON CI SI DOVREBBE LASCIARE
- 5 NON E’ POSSIBILE FUGGIRE DAL MALE A LUNGO
- 6 LA CRISI, IL LUPO E I TRE PORCELLINI
- 7 NON CERCARE LA PACE NELL’INCOSCIENZA
- 8 LA COPPIA NON E’ UN LUOGO DI PACE (Scritti dei Maestri)
ALLA BASE C’E’ UN SENTIMENTO D’AMORE RECIPROCO?
La prima domanda che faccio alle persone che mi portano casi di coppie che non ingranano o che si sono da poco lasciate, è la seguente:
“Ma… vi amate?”
Ovviamente chiederlo a uno solo dei due (in questo caso l’uomo che soffre per la perdita della persona amata) è comunque relativo, perché non sapremo mai davvero la verità in riferimento alla partner. Però in certi casi è possibile saperlo.
Ad esempio quando lei, anche se è stata quella che ha interrotto la relazione, continua a cercarlo con le più disparate scuse. O quando dice che ha dei sentimenti, ma che non possono stare bene insieme. E queste cose accadono. Non spesso, ma talvolta scorgo, nei miei clienti, questo amore reciprocato, e capisco che anche le donne li amano da quello che mi raccontano o da quello che mi fanno leggere, quindi:
come capire se sia il caso di stare insieme o meno?
C’E CHI SVANISCE E CHI RESTA PER SEMPRE
Qualcuno spesso dice “Se ti ama davvero, non ti lascia!” oppure “Se se ne è andata, vuol dire che non le piacevi così tanto! Quindi lasciala perdere!”
Questo è vero, ma non sempre. Ci sono casi in cui le persone non hanno mai avuto dei reali sentimenti, hanno solo creduto di averli. In quel caso, alla fine della relazione, dimenticano velocemente il partner e non ci ripensano più. Passano mesi, anni, e magari una volta ogni mai pensano a quella ex alla quale hanno voluto forse bene. Ma ci sono altre persone che, nonostante siano ex, non se ne vanno dalla mente. Ci sono ex che sono diventati ex, ma che non se ne sono mai davvero usciti dal nostro cuore, in fondo, e probabilmente non se ne andranno mai.
In questo ultimo caso, ci sono due possibilità:
- se solo uno dei due rimane “agganciato” e continua a pensare all’ex, ma quella si è già dimenticata di lui, allora è probabile che ci fosse in atto una grossa proiezione (vedi articolo di riferimento sulla Legge dello Specchio – poco sotto – se non sai cosa siano le proiezioni).
- se invece ambedue rimangono legati, sebbene facciano vite separate, allora (sebbene comunque ci siano proiezioni, inevitabilmente) è probabile che, in fondo, ci fosse un reale sentimento d’amore che le due persone non hanno voluto (non potuto) vivere. Ora vediamo come mai.
PERCHE’ DUE CHE SI AMANO, SI LASCIANO?
E’ bene precisare che, quando una relazione dove è presente l’amore, finisce, solitamente è sempre uno dei due a interromperla, e difficilmente sono ambedue d’accordo e si lasciano in armonia, senza dolore e conflitto.
Quando una relazione dove c’è amore si interrompe, accade che ambedue debbano subire una grossa violenza psicofisica, e solitamente chi lascia soffre tanto quanto chi viene lasciato, sebbene lì per lì il “lasciatore” possa sentirsi temporaneamente sollevato per essersi tolto da una situazione che gli creava dolore.
Quindi, perché, sebbene ci sia amore, ad un certo punto uno dei due sceglie di chiudere brutalmente, e spesso improvvisamente, la relazione?
Semplice: perché sta soffrendo troppo.
In certi casi, chi chiude la relazione attraversa un vero e proprio esaurimento nervoso, una crisi, tocca un picco di dolore talmente elevato che, per salvarsi, per uscirne, deve per forza scappare o allontanare la persona che CREDE gli abbia creato quel dolore.
Crede. Precisiamolo.
Ora, partendo dal presupposto che, se non c’è amore, è bene lasciarsi, e precisando che, in situazioni di reale violenza, sia comunque giusto e sano allontanarsi, vediamo quando è insensato e dannoso lasciarsi. E perché.
QUANDO E PERCHE’ NON CI SI DOVREBBE LASCIARE
Ci sono situazioni dove intercorrono violenze e abusi, fisici e psicologici, dove è corretto allontanarsi per evitare di venire irreparabilmente danneggiati dall’abusante. Ciò nonostante, mi vorrei permettere di precisare che, chi subisce violenze fisiche o psicologiche gravi, ha comunque co-creato quella realtà, a livello inconscio, quindi, come spiegherò tra poco, anche per loro varranno i consigli che darò di seguito.
Se nel prossimo vedi il buono, imitalo;
se nel prossimo vedi il male, guardati dentro.
(Confucio)
Se hai letto l’articolo sulla Legge dello Specchio che ho riportato sopra (se non sai cosa sia, ti consiglio di leggerlo) ormai hai ben chiaro che, tutto quello che all’esterno ti crea un conflitto, è lì per mostrarti una parte di te che ancora non conosci, e per indicarti la via verso la guarigione interiore.
“Trarre il raggio dall’ombra, o gran lavoro!” disse Ermete Trismegisto (il tre volte grandissimo filosofo e maestro alchemico)!
Fuggire dalla propria ombra riflessa nell’altro è, a tutti gli effetti, la via migliore per ingigantirla e per garantirsi una vita sospesa fra l’illusione di stare bene e lo sforzo per tenere la testa dell’ombra schiacciata sotto al piede della finta bontà.
Quindi, in una relazione dove c’è un sentimento d’amore da ambedue le parti, occorre un grande coraggio e una grande forza, nonché un’enorme consapevolezza, per rimanere all’interno della stessa, sebbene apparentemente disfunzionale, e per procedere in un percorso di crescita interiore comune e consapevole. Ne parlerò fra poco, ma prima vorrei fare una precisazione sul dolore e il benessere. Sul Male e sul Bene.
NON E’ POSSIBILE FUGGIRE DAL MALE A LUNGO
Il Male è parte integrante di una vita funzionale, così come lo è il Bene.
Rifuggere il male, significa creare i presupposti per una nevrosi, per repressione e dolore stagnante.
Quando prima ho accennato alla crisi che spinge la persona che ama ad agire una violenza emotiva e a chiudere la relazione, non ho specificato un’informazione importante che voglio precisare ora, nonostante mi renda conto che molti non siano in grado di comprenderla ed accoglierla:
una crisi, un esaurimento, il toccare il picco di dolore, è un dono inestimabile, perché quel dolore rappresenta lo sguardo che diamo (spesso per la prima volta) al nostro mondo interiore, all’Ombra non vista, al nostro dolore personale e collettivo, ed è tanto più forte quanto più a lungo lo abbiamo ignorato.
Come dice Jung: “Una psicologia come la mia prepara a UNA fine o addirittura ALLA fine. La domanda è soltanto chi uccideremo: noi stessi o la nostra psicologia ancora infantile e la sua spaventosa incoscienza?”
(C.G.Jung – 12 aprile 1959, Carte Cary Baynes)
Uccidere noi stessi significa sia porre fine alla nostra esistenza fisica in seguito a questa crisi dalla quale sembra non esserci alternativa se non la morte (così come hanno fatto gli inconsapevoli e sensibili Kurt, Chris, Amy, Ian e Chester e molti altri, direttamente o indirettamente), ma anche e soprattutto morire nell’incoscienza, ovvero nel vivere una vita semplice, comoda, piacevole, piatta, superficiale, tranquilla. Inconsapevole.
L’alternativa consapevole è quella di uccidere l’incoscienza, e questo crea dolore, perché occorre distruggere tutto quello che si era precedentemente nella convinzione di poter “stare bene” (che poi, vabbè, non è un reale benessere, si sa), per rimanere invece fermi davanti alle proprie ombre riflesse dell’altro.
LA CRISI, IL LUPO E I TRE PORCELLINI
Prima o poi, meglio prima che poi, tutti attraversiamo la “notte buia dell’anima”, quello stato di dolore talmente acuto e profondo che ci spinge a chiederci se abbia senso continuare a vivere. Quando non trovi più un senso nelle cose che prima ti davano serenità e pace, ecco, quello è lo stato in cui stai vedendo chi sei davvero, quello è lo stato in cui stai guardando dentro di te, in cui non ti stai più prendendo in giro.
Quello è il momento in cui il Lupo ha spazzato via la tua casetta, quella porcheria che ti eri costruito con qualche filo di paglia, e dentro la quale ti eri nascosto per tutta la vita credendo di essere al sicuro. Evitando il male.
Ma il male esiste, e fa parte della vita così come il bene. E non puoi passare la vita cercando solo il bene e ignorando il male, perché quello che ignori finisce schiacciato nell’inconscio e rimane a proliferare inascoltato per anni, finché prima o poi riemerge e distrugge tutto.
Se il Lupo distrugge casa tua è perché lo hai ignorato e maltrattato per tutta la vita. Ma, soprattutto, la cosa che devi sapere, che è la più importante, è questa:
se il Lupo ti distrugge casa, vuol dire che casa tua faceva schifo, era una casetta di paglia o, alla meglio, di legno. Se ce l’hai di mattoni, magari il lupo farà più fatica a distruggerla, ma prima o poi ci riuscirà. Oppure vivrai tutta la vita all’interno della tua casetta di mattoni, sena poterti godere le passeggiate nella natura. (In tutto questo, non credo che l’autore della favoletta popolare fosse consapevole di star creando una metafora dannosa e pericolosa).
NON CERCARE LA PACE NELL’INCOSCIENZA
Lo scopo non è quello di ricostruire la casetta con la stessa paglia o legna di prima, né tanto meno andare a cercare i mattoni. Barricarsi in una vita agiata, confinata nelle cose comode, semplici, piatte, spensierate, quando da qualche parte c’è un enorme Lupo che cerca di demolire quello che hai costruito, è del tutto stupido, insensato e illusorio.
Il processo di individuazione inizia quando si ha il coraggio di rimanere nudi davanti al Lupo e farsi mordere, interagirci finché non si crea un rapporto sinergico, finché il Lupo, anziché volerti distruggere la casa (le tue difese e le sovrastrutture che ti sei messo per tutta la vita), non avrà piacere ad essere il guardiano che cammina al tuo fianco, mentre esplori il mondo e la vita, facendo quello che prima ti spaventava a morte.
Non cercare la pace nell’incoscienza, cerca piuttosto il dolore che da una vita rifuggi.
Non scappare dalla tua proiezione rispecchiata nel partner che ami, perché rimanere lì, davanti a quello che sei, con tutta la tua vergogna, con tutto il tuo dolore, con tutta la colpa, ed aprirti ad ammettere a te stesso e all’altro ciò che sei, è il dono più grande che puoi fare a te stesso e alla persona che ami.
“Amarsi non significa condividere le parti più belle di sé con l’altro
(questo sono buoni tutti!)
Significa condividere le parti più terribili di sé e dell’altro, insieme!
Se abbiamo paura delle nostre parti ombra, abbiamo anche paura di
entrare in intimità con qualcun altro!”
(Michele Mezzanotte, psicologo)
Quindi, se possibile e se ambedue lo desiderate, trovate un modo sano per stare insieme. Solitamente, percorsi di psicoterapia, individuali o di coppia, possono aiutare molto. Così come le pratiche meditative ed introspettive.
LA COPPIA NON E’ UN LUOGO DI PACE (Scritti dei Maestri)
Jiddu Krishnamurti
“Non c’è dubbio che il rapporto sia lo specchio in cui scopriamo noi stessi.
[…] ed è la mancanza di comprensione del rapporto che causa conflitto.
[…] il rapporto è uno strumento di scoperta del Sé, perché costituisce l’essere, è l’esistenza. Per comprendere me stesso, devo comprendere il rapporto. Il rapporto è uno specchio in cui posso vedere me stesso. Può essere uno specchio deformante, oppure può essere “come è”, riflettendo ciò che è.
[…] nel momento in cui nel rapporto sorge una difficoltà che ci procura disagio, lo mettiamo da parte.
[…] Fin quando viviamo in isolamento, dietro un muro, non c’è possibilità di rapporto con l’altro; e il motivo per cui viviamo rinchiusi è perché lo troviamo molto più gratificante, pensiamo che sia molto più sicuro.”
(Jiddu Krishnamurti)
“La relazione è uno specchio nel quale mi vedo come sono; ma siccome a quasi tutti noi non piace quello che siamo, interveniamo positivamente o negativamente per regolare quello che vediamo nello specchio della relazione.
[…] La funzione della relazione è certamente quella di rivelare in che stato si trova tutto il nostro essere. La relazione è un processo di autorivelazione, di autoconoscenza. Rivelarci per quello che siamo è doloroso e richiede una continua adattabilità e flessibilità del pensiero e delle emozioni. Ma la maggior parte di noi evita o trascura la tensione che la relazione comporta e preferisce cullarsi nella comodità di una soddisfacente dipendenza, di una indisturbata sicurezza in un rifugio sicuro. Allora la famiglia e altre relazioni simili diventano un porto sicuro, il rifugio di chi non vuole avere pensieri. Quando inevitabilmente ci accorgiamo di quanta insicurezza ci sia in una relazione nella quale c’è dipendenza, allora rompiamo questa relazione e ne cominciamo un’altra, sperando di trovare finalmente una sicurezza durevole. Ma non c’è sicurezza nella relazione e la dipendenza può solo generare paura. Finché non capiamo come funzionano sicurezza e paura, la relazione rimane per noi un pesante impedimento, una condizione d’ignoranza. Allora l’esistenza diventa una lotta penosa senza vie d’uscita, quando non c’è quel giusto modo di pensare che viene solo con la conoscenza di sé”.
(Jiddu Krishnamurti)
Osho
“La relazione non può succedere prima che gli Ego scompaiano.
Tu credi sia una relazione, ma è un conflitto, inimicizia, gelosia, aggressione, dominio, possesso e molte altre cose – ma di sicuro, non una relazione. Come possono due Ego avere un rapporto? Quando ci sono due Ego, ci sono quattro persone.
In ogni letto troverai quattro persone che dormono assieme.”
(Osho)
“La relazione è uno specchio: in essa puoi vedere la tua faccia. Ricordati sempre che se la tua meditazione andrà in profondità, anche la tua relazione diventerà completamente diversa. L’amore sarà la nota principale della tua relazione, non la violenza, come avviene adesso. Perfino se guardi qualcuno, adesso lo guardi con violenza, è un abitudine.
[…] Siamo dei bugiardi, quando siamo in relazione non guardiamo noi stessi, perché potremmo vedere la nostra vera faccia. Chiudiamo gli occhi, illudendoci di poter vedere qualcosa dentro, ma qui non c’è nulla.
[…] Di solito abbiamo una consolidata attitudine rispetto a noi stessi, non vogliamo assolutamente guardare la relazione, perché qui affiora la nostra faccia nuda”.
(Osho)
Sadhguru
Se questo articolo ti è piaciuto, e se vuoi lavorare sulla tua crescita personale col fine di avere delle relazioni più belle, in primis con te stesso, entra nel mio gruppo gratis su Facebook “Vero Uomo – crescita personale e relazionale” nel quale trovi 5000+ utenti che, come te, stanno lavorando sulla loro crescita interiore.
Ti aspetto 🙂