Tramuta la Tua Rabbia. In cosa?

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Tramuta la Tua Rabbia. In che cosa?

In vulnerabilità.

Questo non significa diventare deboli e farsi mettere i piedi in testa dagli altri. E’ un lavoro che dobbiamo fare con noi stessi, dentro di noi. O al massimo con una guida, un terapeuta, e in seconda battuta si sceglie con chi aprirsi, quanto e come.

Cos’è la Rabbia?

Partiamo col dire che la rabbia non va né montata, né minimizzata.

La rabbia è una sensazione nel corpo, e va saputa ascoltare, va liberata, va vista, va compresa. La rabbia è una risposta al tuo stato fisico. La rabbia è nel corpo. Infatti viene sempre prima del motivo per cui ti arrabbi. Si attiva con un evento. Ma c’è già.

Prima ho rabbia dentro (da anni, spesso da generazioni) e poi la manifesto quando accade un evento. Non è l’evento che genera la rabbia, ma ne causa solo l’attivazione.

Altra cosa importantissima: la Rabbia non va agita all’esterno, ma non va neanche soffocata. Quindi occorre capire come esprimerla.

La rabbia non richiede azioni

La rabbia non è uno stato che va agito, sfogato all’esterno, come alcune persone credono. La rabbia è una condizione che va consapevolizzata. Va sentita nel corpo, e questo è sostanzialmente il modo migliore per evitare di agire la rabbia. Ascoltando la rabbia nel corpo, riusciamo davvero a permetterle di dissolversi, in modo tale da non farla esplodere all’esterno. Lo scopo è quello di non danneggiare i rapporti con le persone che abbiamo vicino.

Reprimere la rabbia, invece, senza ascoltarla, può portare a gravissime conseguenze (implosioni o esplosioni, che si manifestano con depressione o aggressività).

Prova a capire cosa vuole dirti

La rabbia ha sempre uno scopo, non arriva dal nulle o per nulla.

Quando sei arrabbiato, significa che qualcosa o qualcuno ti ha ostacolato, ha fatto qualcosa di diverso da quello che speravi, significa che qualcuno ti ha tradito o ti ha fatto un torto, oppure è accaduta una cosa imprevista che ti ha causato un danno.

In questo caso, ci possono essere molte lezioni da imparare, in base alla situazione. Le domande che puoi farti sono:

  • ho preparato un piano B nel caso in cui A non dovesse funzionare, in modo da non trovarmi a terra?
  • non è che forse dovrei fare più attenzione a chi mi appoggio o di chi mi fido?
  • forse dovrei pianificare meglio le cose per evitare brutte sorprese?
  • mi sto facendo troppe aspettative perché da solo non riesco a farcela?
  • ho proiettato troppo sull’altra persona, rimanendo deluso?
  • ho permesso ad alcune persone di impicciarsi nella mia vita?
  • ho raccolto sufficienti informazioni prima di agire in quel modo?
  • e così via…

La Rabbia ha uno Scòpo

Aiuta a mettere confini e a organizzarsi meglio. Una persona che riesce a farsi certe domande, quelle elencate appunto poco fa, è una persona che ha modo di riflettere e agire diversamente. Può compiere azioni più oculate, può fare attenzione alle persone con le quali si rapporta, può raccogliere più dati prima di lanciarsi in situazioni dubbie o prima di affidarsi a qualcuno.

Ovviamente non dobbiamo diventare ipercontrollanti e prevedere ogni mossa errata! Tenere alta l’attenzione h24 per paura che qualcuno possa fare qualcosa di dannoso nei nostri riguardi, non è sicuramente una cosa sana. E’ sufficiente fare solo un po’ più di attenzione!

Siamo noi che dobbiamo proteggerci con azioni sane e scegliendo bene a chi ci avviciniamo.

Due modi per proteggersi

Ci sono due modi diversi di agire per proteggersi, laddove occorre:

  1. Se il trigger parte da una persona che per te è importante, devi trovare un modo per comunicare in modo sano, senza accusare, che quella cosa per te è dolorosa o fastidiosa. Questo solo se la persona non lo prende sul personale, quindi scegli bene a chi comunicarlo e impara a farlo nel modo più soft possibile. Se la persona non è in grado di capirti, devi imparare tu stesso a considerare questa persona come tale, quindi non aspettarti che lei capisca e ti supporti o ti aiuti (o quello che ti aspetti che lei faccia e che, se non fa, ti fa arrabbiare). Quindi di base devi considerare questa persona per quello che è, non per come vorresti che fosse o si comportasse. Agire quindi di conseguenza, in modo autonomo, per tutelarti, ovvero non basando il tuo benessere su questa persona. Questo può significare il non coinvolgerla in certe attività, o comunque il non fare affidamento su di lei.
  2. Se il trigger parte da una persona che per te non è importante, o con la quale non hai a che fare di frequente, guarda solo il contenuto. Se una persona fa un’azione che ti ferisce, osservane la radice e il suo significato. Se, ad esempio, il panettiere fa passare avanti a te un suo conoscente e non ti considera mentre sei in fila per essere servito, lavora sul senso di impotenza, sul non essere abbastanza, sul non sentirti visto e considerato (anche in altri contesti) e sull’emozione derivata che ti crea dolore e, di conseguenza, rabbia.

FAWN, FLY e FREEZE responses

Compiacenza, Fuga e Congelamento come risposte a una situazione di stress.

Complementari alla rabbia (FIGHT response) troviamo anche queste altre tre risposte possibili a un evento o situazione stressante. Perché ne parlo?

E’ molto importante sapere che la maggior parte delle persone non è in grado di percepire la rabbia sul nascere, ovvero quando accade l’evento specifico che causa fastidio e rabbia.

Perché?

Perché molte persone sono state abituate a considerare la rabbia come un qualcosa di sbagliato e di conseguenza a coprirla o ad evitare di provarla e manifestarla. Hanno quindi optato per dei sistemi di coping (adattamento morbido) volti a non agire la rabbia, che comunque esiste, ma viene abortita o comunque temporaneamente controllata attraverso questi tre meccanismi:

Fawn response

Compiacere il “nemico” (nel contesto specifico). Fawn significa cerbiatto, quindi in questo senso intendiamo chi, quando viene ammonito o mancato di rispetto, applica come risposta di default la compiacenza, nel tentativo di ammansire il nemico. E’ una strategia di coping, ma anche una forma di manipolazione volta ad evitare le conseguenze e, soprattutto, volta a non ingaggiare uno scontro.

Freeze response

Congelarsi, congelare le emozioni o le reazioni. Anche questo è un sistema di coping volto ad evitare il conflitto per paura delle conseguenze, o perché lo si considera sbagliato o pericoloso. La persona si blocca, non reagisce, spesso non parla o non si muove, o comunque risponde per assensi non verbali o paraverbali, evitando qualunque altra forma di comunicazione.

Fly response

Volare via, sparire, abbandonare il campo. Molte persone, quando accade un evento che le fa sentire minacciate o mancate di rispetto, per le stesse ragioni dei casi precedenti, tendono a scappare (anche fisicamente) piuttosto che ingaggiare un conflitto.

Queste sono tutte e tre reazioni automatiche, che servono a non sentire la rabbia o a non agirla. 

Perché tendiamo a sopprimere le emozioni di rabbia, per poi trovarci la sera nel letto o sotto la doccia a litigare e rispondere per le rime a quella persona, con la frustrazione aggiuntiva di non essere riusciti a farlo prima, quindi di non aver agito un’azione sana e rispettosa nei nostri confronti?

Daniela, ma cosa dovevo fare, mettermi a litigare e urlare davanti a tutti?

Ecco, appunto. No, non sto dicendo questo, affatto.

Fight response

Lo scopo non è quello di mettersi ad aggredire le persone random appena fanno qualcosa che non ci piace o che ci offende. Finiremmo velocemente in tribunale se facessimo questo. Non si può manifestare la rabbia quando non si sa come farlo senza farsi denunciare.

In questo caso, quindi, quando non si sa come manifestare la rabbia nel modo migliore e più corretto, le Fawn, Freeze or Fly Responses possono essere utili. Sebbene, come potrete ben immaginare, non siano l’ideale.

Quindi, più conosci il tuo pattern di risposta (fawn, freeze or fly), più hai la possibilità di riconoscerlo quando accade e di decidere se esprimere il fastidio subito o in un secondo momento.

Non sempre ha senso esprimere subito la propria rabbia o fastidio. Specie se non si sa come farlo.

Quindi vediamo insieme come poterlo fare nel modo migliore.

COME ESPRIMERE LA RABBIA IN MODO CHIARO E PULITO

NB: questo non ci garantisce che dall’altra parte verremo capiti o che l’altra parte non ci sarà una reazione. Lo specifico, perché noi possiamo benissimo esprimere la rabbia nel modo migliore e più corretto, tranquillo e delineato possibile, eppure non venire capiti dalla persona che abbiamo davanti, perché non è in grado di capire o perché in quel momento non vuole capire, perché magari la sua priorità è quella di litigare o scappare.

Ricordati che le altre persone, come te, sono lì pronte ad evocare la propria rabbia o frustrazione, quindi se dai loro una ragione valida (quindi anche esprimendo un dolore in una forma sana) non è detto che loro non reagiscano.

E’ COLPA SUA

Partiamo dal presupposto che se ti arrabbi pensi di avere ragione, che comunque la parte lesa sia tu (una cosa o persona a cui tieni, sei sempre tu).

Però non conosci realmente le ragioni dall’altra parte che hanno creato quell’azione, né hai capito come mai quella persona abbia fatto quella X cosa, l’hai solo dedotto e interpretato secondo i dati che hai e l’esperienza pregressa.

Quindi, consiglio n. 1 

NON INVENTARE O COSTRUIRE STORIE DI COLPA

Se ci convinciamo di una realtà di cui non abbiamo certezza (non ce l’abbiamo mai!!) e poi andiamo dal “nemico” a dirgli che siamo arrabbiati perché XYZ e magari Z non è vero, o Z è un dato che l’altra persona non riconosce, cosa succede? Che poniamo quella persona sulla difensiva! Quella si sente attaccata, vede che c’è un dato, o più dati, non reali e si incazza e difende perché si sente ingiustamente aggredita ed accusata. Ecco come nascono le liti più furibonde.

E’ quindi OK rivolgersi all’altra persona facendo domande tipo:

“Cosa volevi dire quando hai detto quella cosa?”
“Io ho capito così, l’ho interpretata in questo modo, tu cosa volevi comunicare?”

Quindi CHIEDERE INFORMAZIONI E LA VERSIONE ALTRUI E NON ACCUSARE.

Consiglio n. 2

Comprendi COSA TI HA FATTO ARRABBIARE

Isola la causa specifica, perché è importante per lo step 3. Esempio: mi fa arrabbiare che Gesualda non mi risponda al messaggio.

Ovviamente questa non è la reale causa della tua rabbia, ma è uno step. Individuare l’evento, o gli eventi, che ti fanno arrabbiare.

Ovviamente, il fatto che una persona non ti risponda a un messaggio non è di per sé una ragione per arrabbiarsi. La ragione per la quale ti arrabbi è la tua interpretazione a quell’evento, per esempio “Non mi risponde perché non gliene frega di me!”

Ci siamo fin qui? Bene! Andiamo avanti.

Consiglio n. 3

COMPRENDERE LA CAUSA PROFONDA della rabbia

Ora devi individuare la tua paura sottostante, devi scovare il dolore, la ferita che sta causando quel dispiacere che ti fa reagire male.

Rimanendo nell’esempio:

Gesualda non mi risponde al messaggio, io interpreto questo gesto come un disinteresse da parte sua (forse lo è, forse no, non lo sappiamo), e soffro. Sto male perché mi sento non visto, non amato, non considerato, non curato.

Quindi la causa profonda è la mia paura di non valere, di non essere importante. Questa paura causa una richiesta implicita verso Gesualda, una pretesa e una paura quando queste richieste di rassicurazione non vengono prontamente soddisfatte.

Consiglio n. 4

COMUNICARE CORRETTAMENTE il proprio dolore

“Cara Gesualda, quando non mi rispondi ai messaggi, io interpreto questo tuo gesto come disinteresse, ci rimango male e mi arrabbio, quindi vorrei capire se provi ancora un interesse nei miei confronti, cosa significa per te non rispondere, come mai lo fai, e magari vorrei che ci accordassimo sulle tempistiche di risposta ai messaggi”.

Quando comunichi non devi partire dal presupposto che l’altra persona abbia sbagliato e raccontare la tua versione dei fatti rendendo l’altra persona colpevole, perché quella persona, anche se fosse davvero colpevole, comunque difficilmente lo ammetterebbe candidamente.

Quindi non ha senso dire: 

“Gesualda, non rispondere ai messaggi è sbagliato e mi fai stare male quando fai così”

ok? Questo è un attacco. Chi dice che sia oggettivamente sbagliato? Non possiamo manipolare dicendo “per colpa tua sto male”, anche perché non è vero, non stiamo mai male per colpa degli altri (a meno che non ci facciano una violenza fisica tangibile), ma quasi sempre e solo per la nostra interpretazione dei fatti.

Quindi le cose si dicono da una posizione di vulnerabilità e apertura, anche se pensate di avere ragione.

“EEEEEH MA POI PENSA CHE SIA UN DEBOLE E FRIGNONE!”

Scegli bene chi avere vicino

Allora, se Gesualda è una vostra amica, frequentante, fidanzata, potete fare questo discorso in apertura e vulnerabilità e se lei non è capace di accogliervi quando manifestate una difficoltà (o peggio, vi aggredisce o schernisce) Houston, abbiamo un problema! Non è una persona con la quale fare questi discorsi, forse neanche con la quale intrattenersi più di tanto (valutate voi).

Potete allontanarvi o imparare a processare da soli le vostre emozioni senza coinvolgere l’altra persona, quindi lavorando sulle paure.

Ovviamente se Gesualda è una che avete appena conosciuto su Tinder e cominciate a farle discorsi del genere, questa giustamente potrebbe pensare “Ma questo sta bene? Che pretese ha che neanche ci conosciamo?” e avrebbe ragione.

Se vi partono i film e le pretese su persone che neanche conoscete, anche se le esprimete in modo sano e vulnerabile, probabilmente un problemino ce l’avete. No?

IL TUO SCOPO PRIMARIO

Il tuo scopo non dovrebbe mai essere quello che l’altra persona cambi, anzi, probabilmente non cambierà mai e deciderai tu se tenertela o meno così.

Lo scopo è che tu sia consapevole e allineato dentro e fuori con quello che senti. Quindi consapevole di quello che provi interiormente (causa profonda della rabbia) e capacità di esprimerla, dove puoi, o allontanarti, o di rimanere in quella situazione senza incolpare l’altra persona.

Quindi il tuo obiettivo deve essere quello di saper settare dei confini e lavorare sulle tue emozioni, non quello di predisporre il mondo in modo tale che agisca come secondo te dovrebbe agire.

Per quanto tu sia risvegliato e colto e intelligente, non potrai mai dire in assoluto cosa sia giusto per gli altri, perché ognuno ha la propria realtà e deve fare le proprie esperienze.

POI

Esiste un’altra attività che, se la conosci, puoi adoperare per indagare la rabbia e per farla calmare, senza reprimerla, addirittura sfogandola, ovvero il dialogo col tuo bambino interiore (vedi link seguente) oppure la pratica dell’immaginazione attiva, di cui parleremo un’altra volta.

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