Un’idea non è un fatto, e questo è un fatto.
Qualche giorno fa viene da me un ragazzo di 41 anni, Andrea, e mi dice:
“Daniela, sto perdendo i capelli, non voglio perderli quindi ho deciso che farò un trapianto a breve”.
“Perché non vuoi perderli?” chiedo.
Che li stesse perdendo era un fatto. Poco accurato rispetto al significato, ma comprensibile. Nel senso che, quello che voleva dire, era che i suoi bulbi si stavano atrofizzando e che, alla perdita di alcuni capelli, non sarebbe seguita la ricrescita di quelli nuovi e che quindi, nel tempo, avrebbe avuto delle aree meno folte, fino eventualmente ad arrivare a una calvizie molto importante.
Se mi fossi fermata alla sola dichiarazione “sto perdendo i capelli” avrei dovuto rispondere “tutti perdiamo i capelli”, solo che poi ricrescono.
Questo per dire che, quando facciamo una qualunque dichiarazione, dovremmo quantomeno prenderci la briga di enunciarla nel modo corretto. Per amore della verità, che è la sola via verso la salvezza, in quanto la verità, se compresa, non produce conflitto e quindi non genera sofferenza.
“Non voglio perderli perché senza capelli faccio schifo” è la sua risposta.
Indice
LA REINTERPRETAZIONE DELLA REALTA’
Ecco che, di fronte a un fatto, emerge un’idea.
L’idea è “senza capelli faccio schifo” che, se il nostro amico fosse stato un po’ più bravo ad andare a fondo alla questione (cosa che poi abbiamo fatto insieme) avrebbe detto:
“Se perdo i capelli, le persone penseranno che io faccia schifo;
io temo di essere schifato dalla gente perché, se mi schifano, mi amano di meno, o non mi amano affatto, non mi accettano, non farò più sesso, non riceverò più affetto dalle donne”.
Questo sarebbe stato un pensiero reale e profondo.
Quindi, esiste un fatto: bulbi che si stanno atrofizzando.
Poi esistono delle idee, tutte per lo più sulla linea del “se perdo i capelli non riceverò più amore”.
Davvero?
A parte che dovremmo prima definire cosa sia l’amore, ma anche cosa siano la stima, l’affetto, o il sesso che diciamo di volere.
Ma lasciamo all’interpretazione personale e soggettiva la definizione di queste parole, altrimenti dovrei scrivere, e voi dovreste leggere, un trattato.
Faccio solo una domanda:
possiamo davvero chiamare amore un sentimento che muta sulla base della presenza di qualche migliaio di capelli in più o in meno?
(La domanda più corretta – ma meno facile per tutti – che vorrei porre è:
possiamo davvero chiamare amore un sentimento che muta al variare di condizioni esterne?)
LA DIFFERENZA TRA FATTI E IDEE
Quindi, abbiamo un fatto: non nascono nuovi capelli e la testa appare sempre meno folta di capelli.
Poi abbiamo delle idee, delle supposizioni, ovvero che ci siano persone che smetteranno di provare dei sentimenti – sentimenti che andrebbe prima capito se davvero ci siano o meno – nel momento in cui uno rimarrà senza capelli.
La domanda, dico ad Andrea, che dovresti farti a questo punto diventa:
quanti capelli devo perdere definitivamente prima che le persone smettano di amarmi?
Perché se esiste un fatto (“rimango con meno capelli e la gente mi ama di meno o non mi ama più”), allora esiste anche un confine dove prima si è amati perché i capelli sono sufficienti, e poi non si viene più amati perché mancano dei capelli.
Quindi, quanti capelli?
Cento? Mille? Diecimila?
Li stai contando?
Oppure esiste una percentuale di area della testa che, se glabra, causa la fine del sentimento?
E quale sarebbe questa percentuale?
I FATTI POSSONO ESSERE DEFINITI CON CERTEZZA
“Caro Andrea,
se sostieni che l’amore verso di te possa finire nel momento in cui si presenta una certa condizione fisica – quindi avente come base la materia, palpabile e calcolabile – allora devi necessariamente essere in grado di definirla.
Quanti capelli devi perdere definitivamente prima di perdere la possibilità di essere amato?
Se mi rispondi a questa domanda e mi trovi una persona che dice “Sì, se Andrea perde 6740 capelli non lo amo più, al 6739esimo lo amo, allo staccarsi di uno in più non lo amo più!” e poi, quando cade il capello numero 6740 quella persona effettivamente smette di amarti, ti abbandona e sparisce per sempre, allora va bene, ti autorizzo a soffrire, perché la tua non è più un’idea, un’ipotesi, ma diventa un fatto. E lo diventa, bada bene, solo nel momento in cui accade.
Non prima.
Finché un’idea non diviene un fatto, sostenere quell’idea è una perdita di energie. Agire in base a quell’idea, può diventare tossico e controproducente.
Ti faccio una domanda, Andrea:
“Secondo te è più probabile che una donna ti ami se sei un pelato felice, spensierato, gioioso, pieno di vita e amore per te e per gli altri, o se sei uno con una chioma leonina, ma terrorizzato dalla vita, dall’idea che hanno gli altri di te, negativo, ipercontrollante, privo di amore per la tua persona?”
Andrea non risponde e mi guarda perplesso.
Il nostro tempo volge al termine. Aggiungo, prima di salutarlo:
“Fammi sapere a quanto ammonta la cifra oltre la quale non ti ameranno più, sono curiosa”.
Sorride.