La rabbia è un’emozione che, se non compresa e repressa, può letteralmente rovinare la vita alle persone, sia a chi la vive, ma anche a chi ha a che fare con le persone che esprimono la rabbia in maniera disfunzionale.
Indice
LA RABBIA NON E’ UN’EMOZIONE NEGATIVA
La rabbia è un’emozione che spesso viene vista come negativa e distruttiva, un qualcosa da tenere sotto controllo, ma in realtà ha un’unica funzione reale nella nostra vita: quella di proteggerci.
Quello che però una persona dovrebbe a monte domandarsi è:
perché sento la necessità di proteggermi?
Il cuore sta tutto qui. Nel bisogno di protezione e nell’aver creduto che la rabbia fosse la soluzione migliore.
Sicuramente è una soluzione rapida ed efficace per le persone che sono brave a prendersi in giro, questo lo riconosco. Ma una ulteriore domanda è d’obbligo:
davvero la rabbia ci porta a quello che desideriamo davvero? (Sto parlando della felicità)
CAUSE E FUNZIONI DELLA RABBIA
La rabbia non è un’emozione negativa, nonostante sia spesso catalogata come tale. Bollarla come negativa è il modo migliore per tenerla stretta e garantirsi una vita di rabbia. La paura ci dice che c’è un pericolo, la tristezza ci dice che ci manca qualcosa o qualcuno, mentre la rabbia ci dice che dobbiamo prendere una posizione o che qualcuno ci ha fatto del male, o che noi proviamo un conflitto interiore.
LE 2 CAUSE DELLA RABBIA
1. LA “PRESUNZIONE DIVINA”
La prima, meno frequente ma che fa da cappello alla seconda, è la “presunzione divina”.
Questo mindset di porta a credere che non debbano accadere eventi che siano diversi da come li vogliamo, da come li abbiamo immaginati e stabiliti, e si basa sulla convinzione profonda che noi sappiamo cosa sia giusto e cosa no, specie per noi stessi, ma anche per gli altri molto spesso.
In altre parole, qualunque cosa accada di diverso da quello che vogliamo che accada, ci fa arrabbiare, e molto.
Peraltro, a livello puramente logico, quindi su un piano di realtà, questo mindset viene disintegrato dal constatare che non esista in alcun modo una dimensione a noi conosciuta dove la realtà esterna si pieghi al volere della nostra mente conscia, del nostro ego.
(E’ invece in discussione in ambito scientifico se la realtà esterna non sia altro che il prodotto di ciò che il nostro inconscio crea).
Un’altra cosa interessante che potremmo notare è che, da esseri umani con manie di grandezza, ci sentiamo titolati e in diritto di pretendere cose dalla vita, pur tuttavia non avendo quella che viene definita “la visione d’insieme” per sapere cosa sia il nostro bene reale. E per “reale” mi riferisco al come dovremmo condurre la nostra vita se avessimo la certezza di quale sia (ammesso che esista) lo scopo della stessa.
2. LA PRESUNZIONE INFANTILE
La seconda causa è la “presunzione infantile”. Questo atteggiamento si snoda in modo diverso rispetto al primo, ma comunque discende dalla “presunzione divina”.
Esiste un “io bambino”, un “inner child” che vive in uno stato di perenne pretesa. Pretende dagli altri quello che non ha ricevuto in passato, dai genitori o da chi per essi.
Questo atteggiamento infantile parte sempre dal presupposto profondo che qualcosa gli sia dovuto, perché per bambini ci sono effettivamente delle cose vitali che sono loro dovute. Sto parlando di supporto, amore, comprensione, dolcezza, accoglienza e contatto.
Per il bambino interiore, ovvero per quella parte della psiche che è rimasta in quello stadio infantile, queste cose sono dovute, quindi è corretto pretenderle.
Non avendo ricevuto quello che gli spettava, l’inner child perpetua nello stato di pretesa costante, pensando che l’esterno gli debba qualcosa.
Ci arrabbiamo perché sentiamo che ci è stato tolto qualcosa che ci spettava di diritto. Tuttavia, la cruda verità, è che nessuno ci deve realmente qualcosa.
Nessuno, all’esterno, ha obblighi di sorta verso di noi.
No, neanche quelli che promettono e firmano contratti, in realtà, ci devono realmente qualcosa. Forse per la legge sì, ma far rispettare la legge non mette al sicuro il bambino interiore, che continua a soffrire per una realtà distorta che ha immaginato e che non si è declinata come aveva previsto.
NESSUNO CI DEVE QUALCOSA
Quando ci arrabbiamo, quindi, è importante chiederci cosa stiamo chiedendo, quale bisogno vogliamo soddisfare, e ricordarci che non è nostro diritto ricevere cose, non più. Superata la fase in cui il bambino non può cavarsela da solo, da lì in poi… puff, come per magia nessuno ci deve più nulla.
Possiamo accettarlo o non accettarlo, ma la realtà rimane questa.
Semplicemente, se non lo accettiamo, soffriamo e ci arrabbiamo molto.
Inoltre, è importante capire che la rabbia, quasi sempre, ha la funzione di coprire la tristezza. Quindi, è necessario andare alla radice del problema, affrontare la tristezza e la vulnerabilità, anziché sfogare la rabbia sugli altri.
IL PUNTO DI VISTA DI JUNG
Secondo Carl G. Jung, la rabbia è una delle emozioni più importanti dell’essere umano e può essere vista come un’energia creativa. Tuttavia, la rabbia può anche essere distruttiva se non viene trattata adeguatamente.
Jung credeva che la rabbia fosse un’emozione potente che richiedeva una particolare attenzione e cura. Secondo lui, la rabbia era spesso il risultato di una disconnessione tra la persona e la propria vera natura. Jung riteneva che la rabbia fosse spesso causata dalla frustrazione di non essere in grado di esprimere i propri desideri o di realizzare i propri obiettivi.
Questa difficoltà a realizzarsi e ad essere sé stessi, infatti, genera, come spiegavo sopra, la necessità di appoggiarsi agli altri, di delegare le proprie responsabilità, di pretendere dall’esterno e di soffrire quando la realtà effettiva non combacia con la realtà immaginata.
IL PUNTO DI VISTA DI KRISHNAMURTI
Jiddu Krishnamurti, filosofo apolide di etnia indiana, aveva una prospettiva analoga sulla rabbia.
Secondo Krishnamurti, la rabbia è il risultato di una mente che non è in grado di gestire la pressione e lo stress. Krishnamurti sosteneva che la rabbia potesse essere vista come una risposta naturale alle pressioni esterne, ma che fosse importante imparare a gestirla in modo da non farla diventare distruttiva.
Krishnamurti credeva che la rabbia fosse spesso il risultato di una mente che cercava di resistere alla realtà. Secondo lui, la rabbia era spesso causata dalla paura o dall’insicurezza e dal tentativo di proteggere la propria identità o il proprio ego.
Il filosofo sosteneva inoltre che la rabbia potesse essere trattata correttamente solo attraverso una maggiore consapevolezza e una comprensione profonda della propria natura interiore.
LA SCOPERTA DELLA PROPRIA VERA NATURA
La parola agli psicologi
Secondo la psicologia del profondo, il modo migliore per scoprire la propria vera natura e il proprio Sé profondo varia leggermente tra i diversi teorici, ma ci sono alcune pratiche generali che possono aiutare:
- Esplorare i sogni: secondo Jung, i sogni sono la “via regia” all’inconscio, che rappresenta la sorgente del nostro Sé profondo. L’analisi dei sogni può aiutare a scoprire i desideri, i bisogni e le paure che non siamo consapevoli di avere.
- Esplorare i complessi: i complessi sono modelli di pensiero e di comportamento inconsapevoli che influenzano la nostra vita quotidiana. Lavorare sui complessi può aiutare a liberare il potenziale del nostro Sé profondo.
- Praticare la meditazione: la meditazione può aiutare ad accedere a uno stato di profonda tranquillità, a bypassare l’ego e la ragione, col fine ultimo di entrare in contatto con la propria parte profonda, la quale ha tutte le risposte a quello che cerchiamo.
- Esplorare il passato: la nostra storia personale e le nostre esperienze passate possono avere un impatto significativo sulla nostra personalità. Esplorare il passato può aiutare a comprendere meglio la nostra vera natura e a superare eventuali blocchi emotivi.
- Lavorare con un analista: un analista può aiutare a guidare il processo di scoperta del nostro Sé profondo attraverso la terapia e l’analisi dei sogni e dei complessi.
In generale, il processo di scoperta del nostro vero Sé profondo richiede un impegno costante e una mente aperta. Non esiste un modo “giusto” o “sbagliato” di procedere, ma queste pratiche possono aiutare a trovare la strada verso l’individuazione e l’integrazione del nostro vero Sé.
La parola ai filosofi e ai maestri spirituali
Secondo i maestri spirituali e i filosofi che hanno indagato le stesse dinamiche, questi sono i migliori consigli:
- Pratica della meditazione: la meditazione è una pratica comune in molte tradizioni spirituali ed è un modo per calmare la mente e accedere a un livello più profondo di coscienza. La meditazione può aiutare a scoprire il proprio Sé profondo e a comprendere la vera natura dell’esistenza.
- Ricerca della verità: secondo molti filosofi e maestri spirituali, la ricerca della verità è un modo per scoprire la propria vera natura. Questo può comportare l’analisi critica delle proprie credenze e la ricerca di risposte alle grandi domande esistenziali.
- Pratica della consapevolezza: la pratica della consapevolezza consiste nel prestare attenzione consapevolmente al momento presente e a ciò che ci circonda. Questa pratica può aiutare a sviluppare una maggiore consapevolezza del proprio Sé e delle proprie azioni.
- Accettazione e auto-indagine: molte filosofie e tradizioni spirituali sottolineano l’importanza dell’accettazione di se stessi a un livello profondo e della propria situazione di vita, rimanendo nel “flow”. L’auto-indagine può aiutare a scoprire la propria vera natura e a superare eventuali blocchi emotivi.
- Studio e apprendimento: lo studio e l’apprendimento possono aiutare a sviluppare una comprensione razionale delle dinamiche che sottendono certi comportamenti, col fine ultimo di trascendere la ragione e accedere alla visione profonda della natura umana e della propria coscienza. Ciò può aiutare a scoprire il proprio Sé profondo e a realizzare il proprio potenziale innato.
In generale, il processo di scoperta del proprio Sé profondo richiede un impegno costante e una mente aperta. Non esiste un modo “giusto” o “sbagliato” di procedere, ma queste pratiche possono aiutare a trovare la strada verso la conoscenza di sé e la realizzazione del proprio potenziale.
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